La 'colonna che piange' nell'abbazia di Lucedio

Uno spartito misterioso e un sigillo che impedisce al demonio di liberarsi. Prosegue il racconto di Patria Montisferrati sulle leggende del monastero cistercense

TRINO

Sempre all’interno della Sala Capitolare vi sono quattro colonne lapidee. Una di queste, però, è conosciuta come “la colonna che piange”, ed infatti è sovente umida ed è ben visibile una macchia di acqua sulla sua superficie.

La spiegazione folkloristica a questo fenomeno è che essa pianga in quanto impotente testimone delle angherie e delle torture avvenute tra quelle mura per decine e decine di anni.Più razionalmente dobbiamo credere che la pietra che la costituisce sia particolarmente porosa e posizionata su di un affioramento di acqua, e che quindi sia in grado di assorbire l’umidità dal terreno e di rilasciarla al variare della proprietà climatiche dell’ambiente.

Tutte queste angherie dureranno per cento anni esatti, fino a quando, nel 1784, papa Pio VI pose fine agli abusi ed ai soprusi, secolarizzando l’abbazia ed obbligando i monaci a disperdersi. I beni dell’abbazia vennero confiscati ed amministrati dall’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro.Ma come avvenne, secondo la tradizione popolare, questo importantissimo evento? Si racconta che venne mandato un uomo, un religioso, da Roma.

Egli, entrato nell’abbazia, riuscì a combattere contro il demone e, dopo sette giorni di preghiere e di scontri avvenuti sia sul piano spirituale che materiale, riuscì a rinchiudere la presenza maligna all’interno delle cripte della chiesa di S. Maria, che vennero prontamente sigillate.Alcuni ipotizzano un vero e proprio esorcismo, descritto con la platealità di un’opera omerica.Si dice che all’interno di questo luogo di sepoltura ipogeo siano stati disposti su dei seggi i corpi mummificati degli abati morti precedentemente al periodo di possessione, seduti in cerchio per vegliare ad aeternum su questa presenza.La loro presenza avrebbe costituito un sigillo per impedire al demone di liberarsi.Sigillo che sarebbe stato rafforzato da un secondo incantesimo, di natura musicale.

Si racconta che un secondo abate, esorcista e musico, compose un brano apposta per questa vicenda, conferendo un significato esoterico alle note stesse sfruttandone le diverse frequenze. L’esecuzione del brano avrebbe aumentato il potere protettivo del sigillo, mentre l’esecuzione a ritroso delle stesse note lo avrebbero indebolito, fino a spezzarlo.

Scaramanzia e superstizione hanno fatto il resto, dal momento che pare nessuno sia ancora riuscito ad alzare la botola in pietra per vedere cosa ci sia veramente la sotto, nonostante l’interessamento di curiosi, istituzioni ed università.Per anni questo spartito è stato cercato da molti tra le carte di archivio, finché nell’inverno dell’anno 2000 il sottoscritto, già presidente dell’associazione speleo archeologica Teses, lo identificò in un affresco presente all’interno del vicino Santuario di Madonna delle Vigne, che sorge a pochi chilometri di distanza dall’abbazia.Lo studio dello spartito venne affidato alla dott.ssa Paola Briccarello, esperta di musica classica ed antica, la quale scoprì alcuni elementi a conferma dell’ipotesi che fosse proprio lui il soggetto della leggenda. (5)

La partitura sarebbe stata dipinta volutamente al contrario, a ritroso. Ovvero i tre accordi di apertura, disarmonici all’ascolto, coincidono con i molto più comuni tre accordi di chiusura adoperati nella musica liturgica di quel periodo.Non solo, un paziente lavoro di sostituzione numerica, le consentì di abbinare delle lettere alle note ottenendo tre parole di senso compiuto e contestualmente correlate: Dio, Fede, Abbazia.

Fu l’abate a crearlo intenzionalmente al contrario? Fu il pittore che, dipingendolo, invertì con cognizione di causa l’ordine delle note sospettando un sigillo nascosto?

Note

5) La vicenda dello spartito del diavolo è stata ripresa anche dalla trasmissione Mistero l’11 maggio 2010, condotto da Marco Berry.


Bibliografia

AA. VV., “L'abbazia di Lucedio e l'ordine cistercense nell'Italia occidentale nei secoli XII e XIII” (Atti del terzo congresso storico vercellese, Vercelli, 24-26 ottobre 1997),Vercelli 1999

Bavagnoli L. “Le leggende dell’abbazia di Lucedio”, L’imprevisto, 2010

Carboneri N.,  “La chiesa e l'aula capitolare dell'abbazia cistercense di Lucedio”, Roma, 1965

Ellena L.,  “Misteri”, Menhir Libri, Vercelli, 2008

Sincero C., “Trino, i suoi tipografi e l'abbazia di Lucedio”, Torino 1897 

BIOGRAFIA AUTORE

Luigi Bavagnoli, speleologo ed esploratore, è il presidente dell’associazione speleo-archeologica TE.S.E.S. (www.teses.net),da lui fondata nel 1996, che si prefigge di ricercare, studiare ed esplorare gli ambienti sotterranei realizzati dall’uomo. E’ stato co-fondatore e consigliere della Federazione Nazionale Cavità Artificiali, che ha lasciato nel 2008, dopo tre congressi nazionali di Archeologia del Sottosuolo ed alcune importanti pubblicazioni presso il British Archeological Reports di Oxford. Appassionato di storia, archeologia, geologia, folklore ed esoterismo tiene anche numerose conferenze sulle ricerche, e le scoperte effettuate.

Luigi Bavagnoli
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